(questo articolo è stato pubblicato anche nella pagina economica del sito reportonline.it)
Il mondo dei lavoratori è diviso, grossomodo, in quattro categorie:
A. imprenditori privati
B. liberi professionisti
C. dipendenti pubblici
D. dipendenti privati
Per moltissimi anni, c’è stato il mito del posto fisso (C), pur nella consapevolezza che i soldi (veri) si fanno solo se si è autonomi ( A o B).
Ne consegue che i posti più sfigati sono invece quelli subalterni delle aziende private (D).
Questi ultimi ne’ si fanno i soldi ne’ possono sentirsi sicuri di potere conservare il posto fino alla pensione. Sono sempre loro i primi a pagare un momento di difficoltà (vera o presunta) del capo dell’azienda (A).
Ma, nonostante tutto, alla fine degli anni 80, si è cominciata a diffondere l’idea che il mondo si sarebbe fermato se tutti avessimo sperato di avere (attenzione dico sperato di avere non avuto) un posto pubblico, eterno, inossidabile e tranquillo.
Cioè il mondo economico non sopportava di vedere persone che, con lo stipendio sicuro ed un futuro da nonni tranquilli, vivono una vita serena, si costruiscono una famiglia numerosa, si comprano la casa con un mutuo trentennale, coltivano degli hobbies da coccolare durante i numerosi pomeriggi liberi, cambiano la macchina ad ogni novità tecnologica (spesso superflua) offerta dai colossi delle auto, e, ogni estate, si fanno un bel viaggetto, riservandosi una settimana nel casermone in riva al mare definito (anche questo ad arte) multiproprietà!
Se rileggete attentamente il brano appena concluso, vi accorgerete che ogni mossa del tranquillo dipendente pubblico, si traduce in un sostanziale esborso di denaro (pubblico) a vantaggio di tutti quegli imprenditori privati (A) e liberi professionisti (B) che, attraverso il lavoro dei loro impiegati (D), offrono beni e servizi che rendono la vita più piacevole al sereno dipendente pubblico (C).
Dall’altro lato, imprenditori (A), liberi professionisti (B) e relativi dipendenti (D), hanno la possibilità di incrementare o mantenere il proprio tenore di vita per soddisfare vizi ed esigenze proprie e del dipendente pubblico (C). Tutto era organizzato in modo perfetto. Tutto “appattava”.
Poi vennero gli anni ‘90, e si cominciò a diffondere la idea maligna che il pubblico è brutto, che il pubblico è parassita, che il pubblico è inefficiente. I giovani devono puntare ad inventarsi il lavoro, a costruirsi una propria filosofia di vita che prenda le distanze dagli uffici pubblici, perché è proprio lì che si annida il nemico dello sviluppo.
Fuori dagli uffici e dagli archivi delle Regioni, dei Comuni, dei Catasti , dei Geni Civili e delle Università c’è il mondo che produce, che crea ricchezza, che porta al secondo millennio, poi al terzo e così via nei secoli dei secoli.
Il sacro PIL deve crescere sempre.
Finita la fase 1 (demonizzazione del pubblico) scatta la fase 2. La fase due si occupa di demonizzare il posto fisso. Sia esso pubblico che privato. Il giovane non solo non deve aspirare ad un posto tra i parassiti degli enti pubblici, ma non deve neanche sperare di avere un posto che sia tale per tutta la vita. No! Il giovane deve stare all’erta tutta la vita; deve essere flessibile; deve cambiare spesso lavoro, casa, città, amici, palestra, menù, scuole per i figli che verranno.
Il giovane, che presto non sarà più giovane, deve anche studiare, anzi, formarsi di continuo. Non solo fino alla prima laurea. Non basta! Non solo fino alla seconda laurea. Non basta! Non solo fino alla specializzazione post laurea. Non basta! Non solo fino ai masters negli States e nel Regno Unito. Non basta! Sempre, sempre e ancora sempre.
Il giovane deve formarsi, trovare un lavoro per poi riformarsi e ritrovare un altro lavoro e così via nei secoli dei secoli. Amen
Il gioco è riuscito, ma le conseguenze sono le seguenti:
a) fine di ogni procedura concorsuale che porti i giovani (spesso i migliori) ad occupare posti fissi in Enti Pubblici anche di grande importanza strategica come ospedali, università, enti di ricerca, enti di indirizzo tecnico , economico e di gestione delle finanze pubbliche.
b) il posto di lavoro fisso diventa così prezioso che solamente la promessa di poterlo offrire diventa una preziosissima arma in mano ai potenti di turno (politici e malavitosi) che li distribuiscono in cambio di voti (politici) o di favori ad personam (concessioni, nulla osta, appalti ecc). Ma questa volta, il posto è offerto a chiunque senza un pur effimero filtro concorsuale che possa garantire il possesso di un minimo di qualità di chi lo occuperà. Gli Enti Pubblici si popolano (ora si) di parassiti senza preparazione e con le spalle ben coperte dal generoso Padrino. Parassiti, impreparati e intoccabili.
c) l’economia crolla perché con la riduzione dei dipendenti pubblici sempre meno gente può permettersi di spendere ora e (peggio) in futuro somme di denaro di cui non dispone e non disporrà. Questo significa il crollo della domanda di tutti i beni e di tutti i servizi
d) le imprese private falliscono
e) i liberi professionisti non vengono più ingaggiati
f) i dipendenti privati perdono il posto.
Complimenti agli autori di questo disastro.
(pippo vinci)
A. imprenditori privati
B. liberi professionisti
C. dipendenti pubblici
D. dipendenti privati
Per moltissimi anni, c’è stato il mito del posto fisso (C), pur nella consapevolezza che i soldi (veri) si fanno solo se si è autonomi ( A o B).
Ne consegue che i posti più sfigati sono invece quelli subalterni delle aziende private (D).
Questi ultimi ne’ si fanno i soldi ne’ possono sentirsi sicuri di potere conservare il posto fino alla pensione. Sono sempre loro i primi a pagare un momento di difficoltà (vera o presunta) del capo dell’azienda (A).
Ma, nonostante tutto, alla fine degli anni 80, si è cominciata a diffondere l’idea che il mondo si sarebbe fermato se tutti avessimo sperato di avere (attenzione dico sperato di avere non avuto) un posto pubblico, eterno, inossidabile e tranquillo.
Cioè il mondo economico non sopportava di vedere persone che, con lo stipendio sicuro ed un futuro da nonni tranquilli, vivono una vita serena, si costruiscono una famiglia numerosa, si comprano la casa con un mutuo trentennale, coltivano degli hobbies da coccolare durante i numerosi pomeriggi liberi, cambiano la macchina ad ogni novità tecnologica (spesso superflua) offerta dai colossi delle auto, e, ogni estate, si fanno un bel viaggetto, riservandosi una settimana nel casermone in riva al mare definito (anche questo ad arte) multiproprietà!
Se rileggete attentamente il brano appena concluso, vi accorgerete che ogni mossa del tranquillo dipendente pubblico, si traduce in un sostanziale esborso di denaro (pubblico) a vantaggio di tutti quegli imprenditori privati (A) e liberi professionisti (B) che, attraverso il lavoro dei loro impiegati (D), offrono beni e servizi che rendono la vita più piacevole al sereno dipendente pubblico (C).
Dall’altro lato, imprenditori (A), liberi professionisti (B) e relativi dipendenti (D), hanno la possibilità di incrementare o mantenere il proprio tenore di vita per soddisfare vizi ed esigenze proprie e del dipendente pubblico (C). Tutto era organizzato in modo perfetto. Tutto “appattava”.
Poi vennero gli anni ‘90, e si cominciò a diffondere la idea maligna che il pubblico è brutto, che il pubblico è parassita, che il pubblico è inefficiente. I giovani devono puntare ad inventarsi il lavoro, a costruirsi una propria filosofia di vita che prenda le distanze dagli uffici pubblici, perché è proprio lì che si annida il nemico dello sviluppo.
Fuori dagli uffici e dagli archivi delle Regioni, dei Comuni, dei Catasti , dei Geni Civili e delle Università c’è il mondo che produce, che crea ricchezza, che porta al secondo millennio, poi al terzo e così via nei secoli dei secoli.
Il sacro PIL deve crescere sempre.
Finita la fase 1 (demonizzazione del pubblico) scatta la fase 2. La fase due si occupa di demonizzare il posto fisso. Sia esso pubblico che privato. Il giovane non solo non deve aspirare ad un posto tra i parassiti degli enti pubblici, ma non deve neanche sperare di avere un posto che sia tale per tutta la vita. No! Il giovane deve stare all’erta tutta la vita; deve essere flessibile; deve cambiare spesso lavoro, casa, città, amici, palestra, menù, scuole per i figli che verranno.
Il giovane, che presto non sarà più giovane, deve anche studiare, anzi, formarsi di continuo. Non solo fino alla prima laurea. Non basta! Non solo fino alla seconda laurea. Non basta! Non solo fino alla specializzazione post laurea. Non basta! Non solo fino ai masters negli States e nel Regno Unito. Non basta! Sempre, sempre e ancora sempre.
Il giovane deve formarsi, trovare un lavoro per poi riformarsi e ritrovare un altro lavoro e così via nei secoli dei secoli. Amen
Il gioco è riuscito, ma le conseguenze sono le seguenti:
a) fine di ogni procedura concorsuale che porti i giovani (spesso i migliori) ad occupare posti fissi in Enti Pubblici anche di grande importanza strategica come ospedali, università, enti di ricerca, enti di indirizzo tecnico , economico e di gestione delle finanze pubbliche.
b) il posto di lavoro fisso diventa così prezioso che solamente la promessa di poterlo offrire diventa una preziosissima arma in mano ai potenti di turno (politici e malavitosi) che li distribuiscono in cambio di voti (politici) o di favori ad personam (concessioni, nulla osta, appalti ecc). Ma questa volta, il posto è offerto a chiunque senza un pur effimero filtro concorsuale che possa garantire il possesso di un minimo di qualità di chi lo occuperà. Gli Enti Pubblici si popolano (ora si) di parassiti senza preparazione e con le spalle ben coperte dal generoso Padrino. Parassiti, impreparati e intoccabili.
c) l’economia crolla perché con la riduzione dei dipendenti pubblici sempre meno gente può permettersi di spendere ora e (peggio) in futuro somme di denaro di cui non dispone e non disporrà. Questo significa il crollo della domanda di tutti i beni e di tutti i servizi
d) le imprese private falliscono
e) i liberi professionisti non vengono più ingaggiati
f) i dipendenti privati perdono il posto.
Complimenti agli autori di questo disastro.
(pippo vinci)
questo articolo è stato pubblicato anche nella rubrica economica del sito reportonline.it
scrivi a latrazzera@libero.it
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1 commento:
E' vero e' un disastro.
Sono entrati in crisi sistemi e valori del passato.
Difficile dire cosa avverra'.
La trasformazione e' troppo profonda e coinvolge anche altri
aspetti nuovi(immigrazione,inter- net etc.)
L'Europa influenza piu' da vicino l'economia italiana rispetto al passato.
Personalmente auspico per certi versi un ritorno al passato ma non
credo che cio' avverra'.
Ringo
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