Il cardinale Ersilio Tonini, riguardo al caso di Eluana Englaro*, ha dichiarato :” nessuno è padrone della propria vita e tanto meno di quella altrui”.
L’affermazione, ripetuta spesso da molti, è di effetto, ed appare incontestabile. Soprattutto da un punto di vista religioso. In realtà è confutabile. Non è del tutto vero che non siamo padroni della nostra vita. Il Signore una sorta di limitata signoria su di essa ce l’ha concessa: possiamo, ad esempio, sacrificarla a favore del prossimo, possiamo “darla per gli amici” (cfr Gv 15, 13); inoltre abbiamo la possibilità di allungarla, ricorrendo anche a mezzi artificiali (medicine, operazioni chirurgiche, trapianti ecc.), e ciò fa supporre che, in casi particolarissimi, sia lecito anche abbreviarla. Per il Signore non sembra tanto importante quanto si vive, ma come si vive: sia nel bene che nel male. La vita, quella terrena, possiamo anche perderla (cf Mt 10, 39); necessario è non sprecarla.
Per chi la possiede, la vita in questo mondo non ha valore assoluto (cf Gv 10, 25). La seconda parte dell’affermazione, invece, è verissima. Però essa dà ragione ai giudici che hanno emesso la sentenza. Se non siamo padroni della vita altrui, infatti, come possiamo arrogarci il diritto di negare agli alti la signoria sulla propria vita?
Chi vieta agli altri d’essere padrone della propria vita, si fa padrone della vita altrui.
Renato Pieri – ex docente di religione cattolica
La signora Englaro è in coma irreversibile da 16 anni, in seguito ad un incidente stradale. Recentemente i suoi familiari hanno chiesto al Tribunale il permesso di sospendere le cure. Il Tribunale ha risposo positivamente. Ne è nata la solita discussione mediatica sulla legittimità della eutanasia
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