Oggi facciamo due cose: una che non abbiamo mai fatto, l’altra che non si fa.La cosa che non abbiamo mai fatto è recensire un libro. Quella che non si fa è recensire un libro senza averlo ancora letto.
Il libro, recensito veramente sull’ultimo numero di Venerdì di Repubblica, si intitola “l’ arte di ascoltare” di Francesco Torralba.
Noi, prendendo spunto dal titolo del libro e dalla lettura della recensione-intervista, vogliamo fare qualche considerazione proprio sul tema evocato. E questo si può fare.
Se sapere parlare bene è un’arte riservata a pochi, saper ascoltare è una capacità esercitata da pochissimi. E non a caso abbiamo utilizzato la parola arte per il parlare bene e capacità per l’ascoltare.
Per sapere parlare bene ed in modo seduttivo e convincente sono necessarie delle condizioni di partenza, di studio e frequentazioni che non tutti possono, rispettivamente avere, programmare ed esercitare. Ma il saper ascoltare è una skill che tutti possediamo e che tutti possono mettere in atto; bastano educazione, umiltà, pazienza e rispetto nei confronti di chi parla
Spesso mi capita, durante il pronunciamento di una MIA frase, di essere interrotto da ascoltatori che concludono il MIO concetto prima ancora che io lo abbia espresso in modo completo come avrei voluto. Queste persone riescono ad agganciare logicamente (e grammaticalmente) in modo impeccabile il tuo discorso, ma lo concludono in tua vece facendoti dire cose che LORO vorrebbero dire.
Altri, invece, non si curano neppure di agganciare correttamente un elemento del tuo discorso e, utilizzando vagamente qualche elemento di una tua frase, ne iniziano un’altra che solo superficialmente interseca i presupposti del tuo dire.
Ma il peggio deve ancora venire. Alcuni malascoltatori non ascoltano per niente, anzi, basta solo una parola del tuo discorso, un tuo gesto o nonsocheccosa, per far scattaredere nel loro cervello un riflesso condizionato che li porta ad iniziare una discussione che non si capisce da dove e perchè venga tirata fuori.
Infine i malascoltatori più viscidi: sono quelli che hanno una capacità invidiabile: riescono, nei momenti topici del tuo discorso, a pronunciare quelle paroline (veero?, si certo!, pero..!) che , insieme agli sguardi ben assestati, fanno credere a chi parla di essere ascoltato, compreso, condiviso o anche compatito.
Il libro, recensito veramente sull’ultimo numero di Venerdì di Repubblica, si intitola “l’ arte di ascoltare” di Francesco Torralba.
Noi, prendendo spunto dal titolo del libro e dalla lettura della recensione-intervista, vogliamo fare qualche considerazione proprio sul tema evocato. E questo si può fare.
Se sapere parlare bene è un’arte riservata a pochi, saper ascoltare è una capacità esercitata da pochissimi. E non a caso abbiamo utilizzato la parola arte per il parlare bene e capacità per l’ascoltare.
Per sapere parlare bene ed in modo seduttivo e convincente sono necessarie delle condizioni di partenza, di studio e frequentazioni che non tutti possono, rispettivamente avere, programmare ed esercitare. Ma il saper ascoltare è una skill che tutti possediamo e che tutti possono mettere in atto; bastano educazione, umiltà, pazienza e rispetto nei confronti di chi parla
Spesso mi capita, durante il pronunciamento di una MIA frase, di essere interrotto da ascoltatori che concludono il MIO concetto prima ancora che io lo abbia espresso in modo completo come avrei voluto. Queste persone riescono ad agganciare logicamente (e grammaticalmente) in modo impeccabile il tuo discorso, ma lo concludono in tua vece facendoti dire cose che LORO vorrebbero dire.
Altri, invece, non si curano neppure di agganciare correttamente un elemento del tuo discorso e, utilizzando vagamente qualche elemento di una tua frase, ne iniziano un’altra che solo superficialmente interseca i presupposti del tuo dire.
Ma il peggio deve ancora venire. Alcuni malascoltatori non ascoltano per niente, anzi, basta solo una parola del tuo discorso, un tuo gesto o nonsocheccosa, per far scattaredere nel loro cervello un riflesso condizionato che li porta ad iniziare una discussione che non si capisce da dove e perchè venga tirata fuori.
Infine i malascoltatori più viscidi: sono quelli che hanno una capacità invidiabile: riescono, nei momenti topici del tuo discorso, a pronunciare quelle paroline (veero?, si certo!, pero..!) che , insieme agli sguardi ben assestati, fanno credere a chi parla di essere ascoltato, compreso, condiviso o anche compatito.
In effetti pensano ai fatti loro e sfruttano i VOSTRI sguardi e la tonalità della vostra voce per insertare il momento adatto per offrirvi la parolina rassicurante. A questi malascoltatori attribuirei il termine di ascoltattori
Sapere ascoltare è invece educato e conveniente
Mettiamola così: materialmente parlando, tutto quello che tu dai ti impoverisce, tutto quello che ricevi ti arricchisce. Se associamo il parlare con il dare e l’ascoltare con il ricevere la conclusione contabile è ovvia.
Sapere ascoltare è invece educato e conveniente
Mettiamola così: materialmente parlando, tutto quello che tu dai ti impoverisce, tutto quello che ricevi ti arricchisce. Se associamo il parlare con il dare e l’ascoltare con il ricevere la conclusione contabile è ovvia.
Spesso, infine, chi non ascolta lo fa perchè superbamente ritiene di conoscere tutto, o di non avere bisogno di lezioni o, al limite, non considera l'interlocutore all'altezza di fornirgli nozioni che lui ancora non conosce.
A questo proposito vorrei concludere con una citazione di Claude Bernard: " E' ciò che crediamo di sapere già che ci impedisce di apprendere"
(pippo vinci)
2 commenti:
parole sante
grazie a questo pezzo, ho ritrovato la giusta motivazione per continuare a fare il mio volontariato ad un centro d'ascolto.
Grazie
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