mercoledì 28 novembre 2007

l'abito fa l'orchestrale, ma non lo spettatore

La notizia (scusate il ritardo) è di qualche mese fa. Alla Scala di Milano il sovrintendente ripristina la regola per gli spettatori di vestire secondo le regole – ritenute ormai desuete – del bon ton. Come per tutte le decisioni assunte in qualunque settore della vita pubblica è subito scoppiata la polemica fra i favorevoli ed i contrari con raffronti tra teatri italiani e quelli stranieri, dove -per inciso- non ci sono comunque regole sull’abbigliamento ma c’è una consolidata e tradizionale frequentazione da parte di un pubblico, spesso molto eterogeneo per età e per classe sociale, ma appassionato di musica e spettacolo. C’è da dire che tra le forme di spettacolo e cultura, le esibizioni di orchestre sinfoniche sono contraddistinte da una specie di ritualità, con precise regole di comportamento e rispetto dei ruoli. Il primo violino dà il la, gli orchestrali si alzano all’entrata in scena del direttore d’orchestra che, dopo l’inchino al pubblico comincia l’esecuzione. Direttore e orchestrali sono sempre in abito scuro o nero, gli uomini con cravatte uguali e monocromatiche, le donne senza accessori vistosi. E d’altronde pochi anni fa l’Orchestra Sinfonica di Palermo mise in atto una singolare protesta esibendosi senza l’abito di “ordinanza”: protesta silenziosa, rispettosa del pubblico perché lo spettacolo fu comunque tenuto e tuttavia significativa. Gli spettatori da parte loro dovrebbero rispettare poche regole di comportamento improntate, oltre che alla buona educazione, al rispetto nei confronti di chi sul palcoscenico ci lavora: non chiacchierare,spegnere i telefonini, non sbattere le porte dei palchi dove accade anche che qualcuno, in favore di luci di scena, sfoglia e legge il quotidiano ! (Giuro che a Palermo accade abbastanza spesso sempre con lo stesso spettatore). Ma non basta. E’ormai usuale, soprattutto negli spettacoli in abbonamento, vedere - durante l’esecuzione- spettatori che ad un certo punto sbirciano l’orologio, si alzano, magari salutano il vicino e vanno via. Supponiamo che la lunghezza del pezzo eseguito li annoi oppure che abbiano appuntamenti o altri impegni : basterebbe andare via durante l’intervallo. O ancora, appena finito il concerto, la fuga verso l’uscita mentre direttore e orchestrali, ancora sul palcoscenico, dovrebbero raccogliere l’applauso. Intendiamoci, si può anche non applaudire se l’esibizione non è piaciuta, ma mai mancare di rispetto ed ignorare del tutto dei professionisti della musica, alzandosi, andandosene, chiacchierando, salutando a destra e a manca come se ci si trovasse in un cinema. A questo punto la questione dell’abito adatto da indossare è certamente secondaria, ma , chissà, forse scoraggerebbe quelli che (sospettiamo fortemente essere non paganti! ) frequentano i concerti per tanti motivi tranne che per essere amanti della musica

(Maria Grazia Nicoletti)

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