martedì 11 gennaio 2011

liberate Kabul


di Massimo Fini

Un’ottantina di celebrità del mondo dello spettacolo, della letteratura, della politica ha firmato sul Times un appello, inviato formalmente all’ayatollah Alì Kamenei e al presidente iraniano Ahmadinejad, intitolato “liberate Ashtiani”, più universalmente nota come Sakineh. È una bella compagnia. Ci sono il premio Nobel per la Letteratura V.S. Naipaul, gli attori Robert Redford, Juliette Binoche, Robert De Niro, Colin Firth, il cantante Sting, il leader dei laburisti britannici Ed Miliband, l’ex ministro degli Esteri francese Kouchner, la vedova di Harold Pinter Antonia Fraser e naturalmente l’immancabile Bernard-Henry Lévy che si è auto eletto campione dei “diritti umani”.

Nell’appello si sottolinea, fra le altre cose, che Sakineh, data a priori per innocente, è in carcere da cinque anni, mentre l’uomo accusato dell’omicidio del marito di lei, dato, chissà perché, per sicuro colpevole, è libero. Costoro che si rivolgono alle autorità iraniane non conoscono nemmeno la legge islamica per la quale il verdetto definitivo spetta ai parenti della vittima il cui perdono, se c’è, annulla la pena. E poiché il parente più vicino alla vittima, oltre al figlio, era la moglie, Sakineh appunto, è ovvio che abbia perdonato l’amante che gli ha fatto il favore di uccidere il marito diventato, per entrambi, ingombrante.

Mi piacerebbe che tutte queste “anime belle” lanciassero anche un altro appello: “Liberate l’Afghanistan”. Liberatelo, egregio signor Bernard-Henry Lévy, egregio signor Redford, egregio signor Miliband, dalle truppe straniere che lo occupano e che appartengono alle nazioni di cui voi siete così illustri esponenti.

In Afghanistan, con un calcolo al ribasso, sono state 60 mila le vittime civili della guerra. Secondo un rapporto dell’Onu del 2009 “la maggioranza delle vittime civili è stata causata dai bombardamenti della Nato”. Ma anche le altre non ci sarebbero se la presenza delle truppe occupanti non provocasse la reazione degli insorti che, di fronte a un esercito invisibile che combatte con i droni, i Dardo e i Predator, aerei senza equipaggio ma dotati di missili micidiali, teleguidati da Nellis nel Nevada e da una base segreta in Inghilterra, o con gli irraggiungibili B52 che bombardano da diecimila metri di altezza, sono costretti ad accompagnare le classiche azioni di guerriglia con attacchi di tipo terroristico estranei, fino al 2006, alla pratica afghana e talebana. Gli americani bombardano a tappeto i villaggi alla ricerca di talebani. Ma poiché tutti gli uomini validi sono a combattere, nei villaggi ci sono solo vecchi, donne e bambini (in Afghanistan il 40% dei ricoverati in ospedale sono bambini al di sotto dei 14 anni).


Il numero delle donne uccise in Afghanistan è quindi altissimo
. E non sono donne che hanno somministrato al marito una pesante dose di sonnifero perché l’amante potesse ucciderlo con sette scariche elettriche. La loro sola colpa è di essere donne afghane e di vivere in un Paese in cui qualcuno, venuto da lontano, i Bernard-Henry Lévy, i Miliband, i Kouchner, i Redford, i Robert De Niro, ha deciso di imporre loro di liberarsi dal burqa e, più in generale, di piegare una popolazione che nella stragrande maggioranza non ne vuol sapere ai costumi, agli usi, alle istituzioni, alle leggi degli occidentali. Questo massacro di donne non vi dice nulla “anime belle”? Queste donne innocenti non hanno diritto al vostro interesse? No, per voi il simbolo della libertà rimane Sakineh, un’adultera assassina. Le donne, spesso incinte, spesso spose nel giorno delle nozze, massacrate a decine di migliaia dai vostri bombardieri, in nome della libertà s’intende, sono solo dei semplici, inevitabili, “effetti collaterali”. Liberate Sakineh! Sporcaccioni.

da Il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2010

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