venerdì 18 dicembre 2009

rispettate i musicanti


La notizia (scusate il ritardo) è di qualche tempo fa. Alla Scala di Milano il sovrintendente ripristina la regola per gli spettatori di vestire secondo le regole – ritenute ormai desuete – del bon ton.

Come per tutte le decisioni assunte in qualunque settore della vita pubblica è subito scoppiata la polemica fra i favorevoli ed i contrari con raffronti tra teatri italiani e quelli stranieri, dove -per inciso- non ci sono comunque regole sull’abbigliamento ma c’è una consolidata e tradizionale frequentazione da parte di un pubblico, spesso molto eterogeneo per età e per classe sociale, ma appassionato di musica e spettacolo.

C’è da dire che tra le forme di spettacolo e cultura, le esibizioni di orchestre sinfoniche sono contraddistinte da una specie di ritualità, con precise regole di comportamento e rispetto dei ruoli. Il primo violino dà il la, gli orchestrali si alzano all’entrata in scena del direttore d’orchestra che, dopo l’inchino al pubblico comincia l’esecuzione. Direttore e orchestrali sono sempre in abito scuro o nero, gli uomini con cravatte uguali e monocromatiche, le donne senza accessori vistosi.

E d’altronde pochi anni fa l’Orchestra Sinfonica di Palermo mise in atto una singolare protesta esibendosi senza l’abito di “ordinanza”: protesta silenziosa, rispettosa del pubblico perché lo spettacolo fu comunque tenuto e tuttavia significativa. Gli spettatori da parte loro dovrebbero rispettare poche regole di comportamento improntate, oltre che alla buona educazione, al rispetto nei confronti di chi sul palcoscenico ci lavora: non chiacchierare, spegnere i telefonini, non sbattere le porte dei palchi dove accade anche che qualcuno, in favore di luci di scena, sfoglia e legge il quotidiano ! (Giuro che a Palermo accade abbastanza spesso sempre con lo stesso spettatore).

Ma non basta. E’ormai usuale, soprattutto negli spettacoli in abbonamento, vedere - durante l’esecuzione- spettatori che ad un certo punto sbirciano l’orologio, si alzano, magari salutano il vicino e vanno via. Supponiamo che la lunghezza del pezzo eseguito li annoi oppure che abbiano appuntamenti o altri impegni : basterebbe andare via durante l’intervallo.

O ancora, appena finito il concerto, la fuga verso l’uscita mentre direttore e orchestrali, ancora sul palcoscenico, dovrebbero raccogliere l’applauso. Intendiamoci, si può anche non applaudire se l’esibizione non è piaciuta, ma mai mancare di rispetto ed ignorare del tutto dei professionisti della musica, alzandosi, andandosene, chiacchierando, salutando a destra e a manca come se ci si trovasse in un cinema.

A questo punto la questione dell’abito adatto da indossare è certamente secondaria, ma , chissà, forse scoraggerebbe quelli che (sospettiamo fortemente essere non paganti! ) frequentano i concerti per tanti motivi tranne che per essere amanti della musica

(Maria Grazia Nicoletti)

1 commento:

Anonimo ha detto...

le regole ... le regole ...
In passato credevo che il rispetto delle regole fosse una mia esagerazione filo-nordista, adesso mi accorgo che è un'esigenza di vita. Ogni occasione ha il suo giusto abbigliamento. Il che non significa la giusta firma, ma soltanto l'abito consono.
Vi piacerebbe se un medico, colto nel sonno della guardia, venisse a visitarvi in pigiama? O che l'avvocato vi ricevesse in tuta, e così di seguito?
A proposito dei telefonini inopportuni vi racconto una vicenda a me accaduta.
In chiesa, mio figlio di otto anni, durante la predica un po' complessa, si estranea e gioca discretamente con un pupazzo delle dimensioni di un pollice. Segue rimprovero di un fedele a cui, durante la consacrazione dell'ostia, squilla insistentemente il cellulare ...
Giudicate voi.
Stefania