Da tempo oramai non frequento un’aula scolastica e non so neppure se le attuali suppellettili che ornano questo ambiente siano
le stesse di una volta. Di tutto quello che c’è oggi in una classe, quello che mi incuriosisce di più è sapere se esiste ancora
il cancellino.
Il cancellino, per quei pochi che non lo sapessero, era fatto da una lunga striscia di panno grigio arrotolata a mo’ di chiocciola o di fossile tipo
ammonite. Il cancellino veniva usato, appunto, per cancellare le scritte in gesso sulla lavagna di
ardesia, nera.
Questo, in effetti, era lo scopo principale della sua creazione, ma poi, in pratica, lo si utilizzava per ben altro. Soprattutto per lanciarselo (
anzi tirarselo) addosso. Tra una lezione e un’altra. A volte durante.
Il bersaglio, una volta colpito, portava in giro un tatuaggio bianco a spirale che, sebbene spolverato, non scompariva mai completamente. Ed era usuale vedere in giro per il corridoi, durante la ricreazione, bimbi e ragazzi, bimbe e ragazze con tale
patacca bianca sul petto, sulla schiena sulla gonna. Ovunque.
Anche sui capelli.
Il cancellino era sempre intriso di gesso. Non ricordo di averne mai visto uno nuovo. Nessuno conosce il
vero colore del cancellino. Qualcuno ipotizza che fosse persino nero.
E appariva senza limiti la sua capacità di
assorbimento del gesso; se lo si spolverava si formava una nube tossica gigantesca. Ma mai si riusciva ad estrarre tutto il gesso contenuto.
Una vera cava.
Quando invecchiava, il cancellino, si scioglieva,
si srotolava. E si utilizzava aggruppandolo nel pugno in un ammasso scomposto. Ma era in queste condizioni che il suo uso principale appariva più efficace. Insomma il cancellino, conciato così,
cancellava meglio. Forse perché venivano alla luce angoli interni (e vergini) della sua struttura. Certo che però, in tali condizioni, perdeva la sua caratteristica di
strumento di offesa.
Il cancellino era anche un
trofeo di guerra. Mentre in alcune classi mancava, in altre se ne potevano avere 3 o 4. Tutti bottini di guerra.
Qualche volta il
cancellino di ordinanza veniva sostituito da tristi cuscinetti paffuti. Estremo era il ricorso alla carta accartocciata. Ma nessuno si è mai affezionato a questi succedanei. Il cancellino era insostituibile. Nel cuore, nelle menti e
sui cappotti.
(pippo vinci)
post già pubBlicAto il 13 febbraio 2009